Lola, dopo tutto, non faceva che divagare su
felicità e ottimismo, come tutte le persone che sono dalla parte giusta della
vita, quella dei privilegi, della salute, della sicurezza e che hanno da vivere
per un bel po'.
Ho uno scaffale tutto francese,
io che non sono mai stata a Parigi.
Quindi posseggo ancora quel privilegio
dell’immaginazione.
E, qui dentro, ho tutta la
profetica lucidità del delirio che l’immaginazione può portare.
Uno sguardo
che nulla perdona a sé e agli altri, che ha il coraggio di affrontare la notte
dell’uomo così com’è.
L’anarchico
Céline, che amava definirsi un cronista, aveva vissuto le esperienze più
drammatiche: gli orrori della Grande Guerra e le trincee delle Fiandre, la vita
godereccia delle retrovie e l’ascesa di una piccola borghesia cinica e
faccendiera, le durezze dell’Africa coloniale, la New York della «folla
solitaria», le catene di montaggio della Ford a Detroit, la Parigi delle
periferie più desolate dove lui faceva il medico dei poveri, a contatto con una
miseria morale prima ancora che materiale. Totalmente nuovo, nel panorama
francese ed europeo, è stato poi il suo modo insieme realistico e visionario,
sofisticato e plebeo con cui Céline ha sputo trasfigurare questa materia
incandescente. Per lui, in principio, è l’emozione, il sentimento della vita:
di qui l’invenzione di un linguaggio che ha tutta l’immediatezza del «parlato»
quotidiano, capace di dar voce, tra sarcasmi e pietà, alla tragicommedia di un
secolo.
Questo libro
sembra riassumere in sé la disperazione del Novecento: è in realtà un’opera
potentemente comica, esilarante, in cui lo spettacolo dell’abiezione scatena un
riso liberatorio, un divertimento grottesco più forte dell’incubo.
È forse questo che si cerca nella vita,
nient'altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi,
prima di morire.
Le mie parole
si fermano qui.
Questa sera
che, lo so, che gli Dei non dovrebbero trasformare in realtà i sogni.
Ma..Magari
non tutti.
Ma qualcuno.
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