Un’America diversa.
La sento così mentre ho questo
libro tra le mani.
Un’America non fatta di aperitivi al tramonto su terrazze di
Manhattan, di architetti d’interni e di donne impegnate in shopping.
“Non
mi riconoscono certo al supermercato”, diceva lui al primo giornalista che lo intervistò per un
giornaletto locale quando nel 1976 fu pubblicata la sua prima raccolta di
racconti, Vuoi star zitta, per favore?
Eppure, con i suoi pochi libri,
una dozzina in tutto, è diventato un punto di riferimento indiscutibile della
letteratura americana del Novecento.
Sicuramente un destino
imprevedibile per il figlio di un falegname dell’Oregon.
Un’ America lontana dai
grattacieli, un paese dove le bollette non vengono mai pagate, dove le coppie
litigano, cercando di tirare a campare, i mariti bevono e le donne si
disperano, ma popolato in fondo di “brava gente, gente che ce la mette tutta”.
E qui seduta, osservando la signora
indecisa tra le novità editoriali e le edizioni tascabili, leggo lui, che con
la sua Le dita del piede mi ha fatto
comprendere come un collant possa trasformarsi in un calzino, una gamba atletica
in un peso da trascinare, ma come la voglia resti sempre simile a se stessa.
Un uomo che fa della sua poesia
una dichiarazione d’amore alla vita.
Un uomo consapevole della sua
malattia che non si vuole arrendere.
Che vuol sentire ancora, ed ancora
una volta
Una
bella voce, un tocco
sulla
nuca, addirittura
uno
sguardo di sfuggita. Qualsiasi cosa!
Lui è Carver, signori.
Scopritelo con mano ferma e cuore vibrante.
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