venerdì 4 ottobre 2013

Ancora. Ancora una volta

Un’America diversa.
La sento così mentre ho questo libro tra le mani.
Un’America non fatta di aperitivi al tramonto su terrazze di Manhattan, di architetti d’interni e di donne impegnate in shopping.
“Non mi riconoscono certo al supermercato”, diceva lui al primo giornalista che lo intervistò per un giornaletto locale quando nel 1976 fu pubblicata la sua prima raccolta di racconti, Vuoi star zitta, per favore?
Eppure, con i suoi pochi libri, una dozzina in tutto, è diventato un punto di riferimento indiscutibile della letteratura americana del Novecento.
Sicuramente un destino imprevedibile per il figlio di un falegname dell’Oregon.
Un’ America lontana dai grattacieli, un paese dove le bollette non vengono mai pagate, dove le coppie litigano, cercando di tirare a campare, i mariti bevono e le donne si disperano, ma popolato in fondo di “brava gente, gente che ce la mette tutta”.

E qui seduta, osservando la signora indecisa tra le novità editoriali e le edizioni tascabili, leggo lui, che con la sua Le dita del piede mi ha fatto comprendere come un collant possa trasformarsi in un calzino, una gamba atletica in un peso da trascinare, ma come la voglia resti sempre simile a se stessa.
Un uomo che fa della sua poesia una dichiarazione d’amore alla vita.
Un uomo consapevole della sua malattia che non si vuole arrendere.
Che vuol sentire ancora, ed ancora una volta

Una bella voce, un tocco
sulla nuca, addirittura
uno sguardo di sfuggita. Qualsiasi cosa!

Lui è Carver, signori.
Scopritelo con mano ferma e cuore vibrante.




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