mercoledì 7 gennaio 2015

Paragoni inesistenti

Sono una fissata delle parole, lo so, l'ho sempre saputo. Adoravo, da bambina, sfogliare il vocabolario alla ricerca delle parole e delle parolacce (dai che quando trovi "stronzo" fa ridere sempre). E perciò non pretendo che tu condivida ma te lo devo dire.
Ci sono paragoni che non hanno senso, metafore che utilizzi nella vita di tutti i giorni per spiegare delle cose o dei sentimenti ma che, lasciatelo dire, fanno cagare.
Di seguito, una breve lista, o elenco, o catalogo. Boh, fai tu.
1) Sei buono come il pane
Innanzitutto, il pane, è utile, prezioso, ma non è sempre buono. Ci son quelli confezionati già affettati ad esempio, che sanno di gommapiuma. Poi per carità, c'è gente che si lecca i baffi per il seitan, per cui va bene tutto.
In più i celiaci. Ci hai mai pensato ai celiaci? Potresti mai dire ad un celiaco che è buono come il pane? Minimo minimo c'ha na crisi e si gonfia.O sta sul cesso per 18 ore. Eppure ci sarà un buono anche tra i celiaci, no?
Per cui non so, fai come ti pare. Ma io 'sta metafora, se non altro, la limerei.
2) Furbo come una volpe.
Per carità, nulla contro le volpi, anzi son belle, eleganti ma.... avete presente le favole di Fedro o di Esopo? La volpe e la cicogna, la volpe e l'uva. Non so, ma così, a naso, mi è sempre parso che non ne uscisse mai da furba. Sopravvalutata, fintamente scaltra e poi punita, sia dalla cicogna che dall'alta uva. E poi in questo mondo di cravatte e furbi, mi piace sempre pensare che il mondo non sia loro, ma dei sensibili ed intelligenti, che magari l'uva la dividono. Ed il pane pure.
Ma quello che mi da' proprio ai nervi è questo:
3) Ti voglio bene come ad una sorella.
No, no e no. Il bene non deve avere l'etichetta come la frutta. Non esiste il bene Melinda o il bene Chiquita. Esiste il bene, senza bollino. Quello che si moltiplica. Quello che si vede ma che sa anche stare dietro le tende. Esistono gli sguardi che scaldano. Esiste tutto quello che ti pare, ma non paragonare mai nulla a tua sorella. Io ne ho una, una sola, e provo per lei tutti i beni del mondo. Per carità, non tolgo mica niente a nessuno, ognuno ha il suo pezzo di bene, ma il suo è solo suo. E li contiene tutti nell'essenza.
Ha il suo odore, ha il suo shampoo per capelli che si trasformano da cresta leonina a morbida seta. Ha i colori dei suoi pigiamini rosa, il rumore delle sue parole, delle sue lacrime, anche di quelle che da anni ingoia ogni volta che mi accompagna in aeroporto. Che noi non piangiamo mai sennò poi mamma che la frena? Ha i suoi numeri che io non so contare, ma che decifro in una sorta di codice Da Vinci tutto nostro. Ha le vite che ci siamo salvate a vicenda. Ha le sue scarpe col tacco che io derido ma che a lei stanno bene. Ha i suoi occhi che parlano, ha le sue riflessioni che durano mesi, anni. Quel bene lì è il bene delle nostre estati, dei nostri Natali, delle nostre Epifanie. Te la ricordi la Befana Ila'? Che contavamo chi delle due avesse più pezzi di carbone ai margini del camino, e al mattino scappavamo lì perchè dovevamo arrivare subito e per prime. Per me la Befana si è fermata lì, anni fa, con te, tra le calze, i 20 euro di mamma e papà ed il carbone che ci faceva incazzare per finta. E' un bene che non sa mai di rimpianto, perchè è vita, e la vita è sempre, è quella che scorre con il tuo stesso sangue e non c'è alcuna trasfusione di tempo, o lontananza che possa modificare quel colore e quelle vene.
Per cui, mio caro, non mi dire mai che mi vuoi bene come ad una sorella. Perchè se lo dici non ne hai una, è evidente. E mi spiace per te.


Anna Édes- Dezső Kosztolányi. Edizioni Anfora

"Il grido non nascondeva la rabbia”.
Ho conosciuto Anna Édes e Dezső Kosztolányi grazie a Mónika Szilágyi, che ne ha curato la traduzione e che, sin da ora, ringrazio.
La ringrazio perché leggere questo romanzo è stato più che imbattersi in un libro. E’ stato capire, imparare, a volte sospendere,per poi riprendere, la corsa.
In Anna Édes c’è tutto. C’ è un viaggio nel tempo e nei costumi dei borghesi in Ungheria durante gli anni del primo dopoguerra, c’è l’intrigo, c’è l’ansia delle aspettative, c’è il giallo.
Il romanzo si svolge quasi tutto all’interno del condominio, è un “Huis clos”.
Anna non esce quasi mai di casa. Quando lo fa però, ci si ritrova in strada con lei, alla scoperta di strade e di edifici nei suoi panni di serva, timida, a servizio di una famiglia descritta a tal punto da sembrare che i loro visi possano inciampare nelle tue giornate da un momento all’altro. La signora Vizy , che, lo ammetto, ho odiato, sottopone Anna a tutte le prove possibili, crea persino le condizioni perché ceda alla tentazione di rubare nella loro casa, ma niente, Anna è irreprensibile.
Anna non ruba, Anna non si concede, Anna è una serva perfetta. Irreprensibile e perfetta.
C’è una tensione palpabile in tutto il romanzo, a volte non si comprende bene cosa spinga i Vizy ad essere sempre così affannati.
Il comunismo? Il loro status borghese? La mancanza della reale conoscenza della felicità?
Ed in tutto questo Anna è tutto ciò che è, ed anche ciò che il lettore non si attenderebbe mai.
E' nella sorpresa delle situazioni e dei comportamenti che risiede l'unicità di questo romanzo: nulla è prevedibile e nulla è monocromatico.
"Accadde il miracolo quotidiano:stavano sognando".

Anna Édes- D.Kosztolányi. Trad. Mónika Szilágyi, Andrea Rényi- Edizioni Anfora