martedì 9 dicembre 2014

Corpi ribelli- Stefania Pastori

Non esistono vite completamente facili, nè completamente difficili.
Nè completamente felici o completamente senza una via d'uscita.
Esistono vite, esistono persone e, dietro e dentro, esistono storie.
Quella che ho avuto tra le mani è stata la storia di un'amica-coraggio, Stefania Pastori, della piccola grande Sofia di otto anni ma anche la storia di Carla, di Cecilia, di Francesca, di Veronica. Forse della tua vicina di casa.
E' la storia di un amore che si trasforma in violenza. Quindi non è la storia di un amore.
Chiamiamo le cose con il loro nome.
E' la storia di un uomo debole che sfoga la sua rabbia verso il mondo contro la donna che lo ama, che gli ha donato una figlia meravigliosa , Sofia.
Sofia che al quinto mese di vita manifesterà i segni di una malattia rara, una forma di epilessia che colpisce un bambino ogni 150 mila. Handicap che lui non accetterà a tal punto da iniziare una serie infinita di violenze fisiche e psicologiche su Stefania.
Che lo accecherà a tal punto da non far vedere ai suoi occhi la guarigione quasi miracolosa.
Un uomo come tanti, che Stefania ha avuto la forza di allontanare, di denunciare, di combattere, nonostante si sia ritrovata da sola, improvvisamente, senza casa, senza lavoro. Ma con una valigia di forza e dignità.
La cronaca è ricca di impietosi e lucidissimi casi di amori sbagliati, ormai finiti, che continuano a logorare, spesso fino ad epiloghi impietosi, anime che non riescono più ad uscirne.
Stefania no. Stefania è donna, è madre che salva. Stefania è GLOSS (Gruppo di Lavoro e Osservatorio Sessismo e Stalking).
Stefania è una risposta.
La conoscenza è sapere. Il sapere combatte ogni forma di ignoranza.
Conosci una forma di ignoranza più bassa della violenza?

Corpi ribelli, S. Pastori- Casa Editrice Kimerik

L'imperfezione dei ricordi- di Francesco Borrasso

E' giunto sulla mia scrivania un libro che ha l'odore del sale. Quello del mare, dell'acqua che è pronta e bolle, quello delle lacrime.
Un libro scritto da una penna precisa, innamorata delle pagine bianche da riempire.
Sono giovani. Sono me, te, tuo figlio.
Diego è a Napoli da sempre. Non ha mai abbandonato la sua città, neppure quando sono andati via tutti, lasciandolo da solo alle prese con il suo dolore e il suo senso di colpa per la morte di un amico suicida.
Non hanno esitato ad andarsene i suoi amici di infanzia, Antonio, Genny e Nico.
E' andata via anche Giudy, che sembrava essere il volto dell'amore.
Da quel momento trascorrono giorni lenti e vuoti, banali cerchi concentrici alla ricerca di un modo per non pensare, per non lasciarsi sopraffare dai ricordi.
Già, i ricordi.
"Non è colpa mia se le cose finiscono. Non ci posso fare niente se alcune volte bisogna arrendersi all'evidenza".
I ricordi, quelli che si radicano al centro, in un posto improbabile tra testa e cuore. Quella tragica notte li ha un po’ cambiati tutti e ognuno di loro si è aggrappato alla propria effimera esistenza, come ci si aggrappa a un salvagente per non affogare. L’occasione per rincontrarsi, però, farà riaffiorare tutto ciò che in fondo era stato lasciato in sospeso e da cui non si può fuggire per sempre.
Un delicato ed appassionato intreccio di vite, di amicizie di luoghi che faranno sembrare la casa di Diego tutte le case del mondo.
Ed il gioco implacabile dei sentimenti che "ecco cos'è la mancanza, è che quando c'è lei mi sembra di fare un passo nel vuoto e quando non c'è, il vuoto sono io".

L'imperfezione dei ricordi, F. Borrasso- Ed. Rupe Mutevole

Lettera ad uno studente fuori sede

Caro/a,
tu non sai chi sono io, ma io conosco perfettamente chi sei tu.
E non ti tedierò con frasi tipo "ci son passata prima di te" o "ai miei tempi....".
No.
Questa sarà per te una lettera dal futuro. Vivila così.
Tu che sei nato in una terra larga come un fazzoletto. Tu che per comprare un disco o un libro dovevi aspettare settembre, o la fiera, o andare in motorino con altri nel paese più grande.
Tu che ti sembravano tutti diversi da te.
Tu che chiudevi gli occhi e immaginavi che Daniele Silvestri avesse scritto Occhi da orientale per te, col pubblico che applaudiva e poi tu salivi sul palco perchè lui ti faceva roteare forte e "Nataliaaaaa è proooonto!!".
Tu andrai via e cercherai la tua strada. Lo dirai a tutti che lo fai per quello, ma in realtà hai una paura fottuta della tua strada, perchè tu conosci solo le strade di quel fazzoletto lì. Ed hai pure un senso dell'orientamento ridicolo.
E te ne andrai. E farai bene. Farai cose nuove, respirerai un'aria che ti sembrerà più lieve e rarefatta.
Farai lunghe code in mense buie mangiando pasta al fintopomodoro fingendo che sappia di buono e porterai lo yogurt o lo stracchino a casa per la cena. Avrai coinquilini che confonderanno il giorno con la notte, che potranno essere simili a te o completamente diversi. Io ne ho avuta una che buttava gli assorbenti nel cesso.
E pagherai l'affitto in nero a gente poco seria che verrà a riscuoterlo seriamente al 4 del mese.
E sentirai in terra straniera tanti accenti simili al tuo.
E ti chiederai quante cazzo di strade debbano esistere se ognuno cerca la propria.
Riceverai i "pacchi della felicità" dai tuoi e cenerete tu e tutto il centro alpini per una settimana.
E la valigia dopo le feste di Natale peserà in modo improponibile. Io sono stata fermata dai cani antidroga a Pisa, in stazione, alle 5 del mattino, dopo un viaggio di nove ore. Erano soppressate. Erano risate. Come cazzo li addestrate i cani?
E ti siederai di fronte a commissioni che vorranno sapere in cinque minuti quanto sei bravo o quanto sei sfigato. E se ne fregheranno della tua salivazione, della tua preparazione e della tua solitudine. E tu ti sentirai fortissimo e debolissimo insieme.
E tuo padre ti dirà di prenderti una pizza quando le cose non andranno come speravi.
E le cose si ripeteranno così forte e così velocemente che ti sembrerà come quando hai in un pugno chiuso dei coriandoli che poi basta un soffio.
E tutti quei piccoli pezzettini che ti stavano sul palmo della mano, se ne andranno, si disperderanno e ti lasceranno ricordi.
Per favore, se puoi evita i Quattro salti in padella. Gli spinaci filanti mi hanno nutrita in molte serate, ma poi ho scoperto che quella non è una mozzarella, è un surrogato. Non so, è come fare sesso con una che si spoglia in chat. Cioè che senso ha il surrogato della mozzarella? Poi vabbè fai tu. Dai Quattro salti forse ci dobbiam passare tutti.
E ti innamorerai di un amore che non capirai subito. Sarai più libero di prima, ma non avrai ancora capito bene chi sei. Quindi vivitelo, ma sappi che non sarà per sempre.
Forse non ci sarà mai il "per sempre". Tu, comunque, vivi.
E, quando poi gli altri ti diranno che sei grande abbastanza per cambiare ancora, lo farai.
Abbandonerai felpa e pantaloncini e comprerai la giacca da colloquio di lavoro.
E dentro di te sarai sempre il fuori sede che non conosce il nome delle strade.
Io sono tuttora quella che che vive di fronte al Di per di e di fianco al negozio di arredo bagni. Sperando che nessuno chiuda o cambi nome.
Ed un giorno, inspiegabilmente, mentre ti asciughi i capelli, o esci dall'ufficio con i colleghi che ti sembreranno tutti più precisi di te, o cammini in centro, ti verrà su "quell'ovo sodo che non va nè su nè giù".
E lo riconoscerai. Sarai bravissimo nel sapere che è lui e che non è catarro da raffreddamento.
Sentirai che i tuoi piedi richiamano le tue tue radici e vorresti trasformarti in albero per avere finalmente il senso della solidità.
Chiuderai gli occhi immaginando vite parallele mai vissute, e saprai che non è mai troppo tardi, per davvero, per capire chi sei.
Ho letto che quando compiamo una scelta, non è mai il 100% di noi che decide, ma solo il 51%.
Ecco, abbi il coraggio di ascoltare anche il 49%. Ovunque tu sia. Chiunque tu sia.
Con affetto.
Una fuori sede come tante