+1
E non solo come età.
Cioè non solo nel senso che tra
due mesi i miei 30 subiranno un +1 e la cosa mi porta, inevitabilmente, a
riflettere.
Anche in quel senso lì, ma non
solo.
“Ciao sono Natalia. Si lo so è un
nome strano ma non sono spagnola, No no neppure russa. Solo figlia di una madre
che ha rielaborato in modo fantasioso il nome di mia nonna che si chiama
Natalina ma per le amiche Lina ma a te ovviamente non importa nulla. Quindi
aspetta. Dicevo. Sono calabrese, ho studiato a Pisa ora vivo a Torino. Cerco di
non perdere mai l’orientamento ma ti rendi conto anche tu che alle volte, è un
po’ un casino. Lavoro qui, respiro qui.
Scrivo da sempre e sempre macchiandomi di nero l’anulare destro.
Tu invece sei quello col master
ed profilo importante su Linkedin. Ho visto.
Boh si certo, accetto il
contatto, che è accompagnato da un messaggio così cortese che come potrei dire
di no”?
No?
+1.
Non ci conosciamo, forse non ci conosceremo
mai ma…
Fai +1 like wow sul mio profilo, su un mio status, sul mio
aggiornamento di lavoro, sul mio tweet, su una foto, sulle zucchine gratinate
che preparo, uno starnuto, uno sputo di segnale.
In realtà magari non te ne
importa nulla. Ti è solo scappata la mano su quel pulsante lì. O hai voglia di
testimoniare che in quella frazione di secondo, contestualmente, calpestavamo i
giardini dell’etere.
Ciao sono Natalia e, come spero
tu possa ben valutare, ho una foto professionale per il curriculum
professionale, estemporanea ed amichevole per gli amici facebook e…
E mi sento una schizofrenica.
Che scrive
dei bigliettini in bianco e nero da inserire nelle bottiglie di vetro che poi
lancia in un mare fatto di gente col surf, di onde, di eventi, di giochi (a,
per inciso, per favore non gioco ai giochi delle case, dei crimini, dei vermi
grossi che mangiano vermi piccoli. Non ne sono capace e non ne ho voglia).
Ed io il surf non ce l’ho. Manco
il corso di vela ho fatto.
Te lo vorrei dire ma non so come
scriverlo bene in inglese, in tedesco ed in latino, per farti vedere quante
cose so fare.
Ho quasi 31 anni e da bambina
pensavo che a quest'età avrei già avuto 4 figli da portare all’asilo, un marito, forse un
cane, una casa e dei cappotti marroni, una veranda e un divano rosso.
Viviamo per realizzare dei sogni
che, se ti va bene e ne realizzi uno o uno e mezzo, comunque, te ne rimangono
fuori a quintali.
Abitiamo centri città che non ci
apparteranno mai fino in fondo.
E noi non apparterremo mai ad
esse.
Progettiamo diversi futuri
possibili, per non restare intrappolati in dei piani A e B e C.
Scegliamo la 1 la 2 o la 3 in base al tempo,sperando che la felicità non sia rimasta nella 4.
O bloccata per sciopero di
Poste Italiane.
Che sto iniziando a creder che la
felicità sia come la fede, un dogma.
Che i dogmi, alla fine, sono un
continuo, eterno, bilanciato e sapiente giochino di bastone/carota, bastone/carota,
bastone/carota.
La vita con te e tu con la vita.
La madre della mia migliore amica
quest’estate mi ha detto “voi siete troppo sensibili. Ogni tanto sarebbe
meglio nascere pietra”.
Nascere pietra....
Dura. Piazzata lì….
Poi, ho pensato: io pietra?
Io pietra avrei, nell'ordine:
- chiesto a Jovanotti perché mai si riempiva le tasche di me e dei miei simili;
- insultato coloro che mi scagliavano contro Maddalena, bastardi;
- chiesto spiegazioni al tipo che mi lanciava per poi nascondere la mano;
- preteso un “grazie” o quantomeno un piccolo gesto di riconoscenza da parte di tutti gli ombrelloni che d’estate aiuto, dando una vigorosa mano contro il vento. Io che rischio ogni volta il soffocamento dalla cordicella che mi attaglia e che mi turo il naso in apnea sotto la sabbia.
Troppo complicata come vita anche
quella da pietra, ecco.
Sarei scivolata dalla montagna,
mi sarei staccata dalla scoglio, avrei fatto mille rotoli o salti per evitare
la muffa sopra di me.
Sarei stata una pietra dentro un
sogno.
Con questo libro in mano.
O dentro una bottiglia.
Le mie storie sono scritte da un uomo che sogna un mondo migliore, più
giusto, più pulito e generoso. Le mie storie sono scritte da un cileno che
sogna di veder realizzato in questo paese il sogno più bello, quello di sederci
tutti con fiducia alla stessa tavola, senza la vergogna di sapere che gli
assassini di coloro di cui sentiamo la mancanza non ricevono il giusto castigo.