Ci son delle cose che finiscono anche se tu la fine non la vedi.
Cioè non tutto è come il vasetto di yogurt che raschi raschi raschi fino in fondo, facendo quel rumore fastidioso, leccando magari anche i bordi fin quando, oggettivamente, non se ne può più, non ce n’è più.
Ci son delle cose che finiscono e ti fanno male come se ti si spezzasse un’unghia nello stomaco.
Mentre la ascoltavo mi si sono spezzate tutte le unghie nello stomaco che ricordavo di avere.
Ricordo quell’unghia lì che l’avevo mangiata nel 1994 e boh. Mi si è spezzata stasera.
Tanto comunque su Focus ho letto che le unghie non le digerisci mai.
Più facile digerire i fagioli al purgatorio di mia nonna (se non sai cosa siano i fagioli al purgatorio non ti basterà Google, ti manca proprio un pezzo).
E mentre parlava mi è ritornata in mente una delle mie immagini ricorrenti, di quelle che mi ricreo quando penso a delle cose tremendamente grosse.
Quelle immagini dei post-concerti, dei post-conferenze, dei post-eventi, dei post-cose insomma.
Di quando se ne sono andati tutti e tu puoi essere l’ultimo che va via, quello che spegne tutto e si porta in tasca il rumore e negli occhi la luce.
Io son quella che aspetta.
Che attende sempre un po’.
Quella che al cinema non esce alla fine dell'ultima scena, ma che si legge i titoli di coda, anche solo per conoscere il nome del parrucchiere che ha tinto di biondo e cotonato le piume di Jennifer Lawrence.
Quella che ai concerti di piazza, dopo un po’, ripassa, si fa il secondo giro e si gode lo smontaggio.
E a volte è tutto così.
Cioè che solo quando la musica finisce capisci il palco che c’era sotto.
E com’era stato montato.
Perché comunque il palco deve reggere tutto.
Deve reggere la tua band, e le chitarre, e la batteria, e le luci, e le travi con le americane per l’effetto giusto. Deve reggere te, che ci saltelli sopra vestito in finta pelle che stringiti pure ancora tra nuvole e lenzuola e che certe notti vai da Mario, altre da Gino, che però se sotto non è tutto tra terra, legno e ferro e con l’incastro perfetto, non vai da nessuna parte.
E non tutti i palchi fanno innalzare. Non da tutti c’è la visuale piena di quello che accade. Non da tutti riesce a scorgere il cartellone della ragazza dell’ultima fila.
Alcuni son bassi, altri piazzati nell’angolo sbagliato della strada.
I peggiori e quelli che mi fanno più paura son quelli che riesci a smontare in fretta.
Se i brutti palchi o i dolorosi pensieri potessero trasformarsi in sudore, basterebbe una doccia per mandarli via.
Invece no.
Con i brutti palchi non so.
Coi dolorosi pensieri no di certo.
Solo mentre smonti capisci quanta ambizione c’è nella costruzione delle cose.
C’è tutto il tuo essere, il tuo non essere , il sapere e quello che impari facendo.
E costruire poi genera un dono, quello del ricordo, della memoria.
Un po’ come i materassi di nuova generazione che si chiamano Memory, che prendono la forma del tuo corpo, che così puoi sia addormentarti velocemente sia capire quanto siano intense le corna che lui ti ha messo, se è stata solo ‘na sveltina per intenderci o se l’altra si è pure fermata a dormire.
Mentre costruisci ti ricordi se l’hai già fatto o se quella volta lì, per esempio, hai sbagliato. Ed allora provi a non sbagliare più.
A imparare di nuovo come si fa.
Come si fa a non sbagliare e a costruirne un pezzo in più.
Ad essere lì a cercare una soluzione quando sarebbe più facile buttarlo tutto e rifarlo da zero.
Ho comprato mille giornaletti di enigmistica nella mia vita ed ho capito che stavo per crescere quando ho smesso di lasciare a metà quelli che sbagliavo, preferendo iniziare un Bartezzaghi nuovo. Ho capito che la penna la puoi ripassare sopra e,magari, ti esce la parola corretta.
Magari no.
Ma riprovarci non mi fa più schifo ecco.
Sbagliare non mi fa più schifo.
Accettare l’errore dell’altro neppure.
Me la vivo tutta. Non smetto adesso. Non adesso. Non smetto di lottare adesso. Non adesso. Non smetto di amare adesso.
Soffro di più così? Pazienza
“Che la morte mi trovi viva, insomma, porca puttana”.
P.S.
Ah alla fine di questo non vi suggerisco nessuno libro.
Però voi fatelo. Leggete. O pensate.
Adesso
"Che la morte mi trovi viva" ... mi ha colpito molto. mai smettete di sperare e lottare.
RispondiEliminaPS: ci vediamo???? baciiii
ogni volta che programmiamo poi giunge la febbre!!!!! :-) :-) stai meglio?
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